Il Giornale, Dossier Friuli Venezia Giulia – Aprile 2007
Da trent’anni opera per eliminare il problema dei rifiuti. E vede un futuro «dove si potrà trarre dai rifiuti “recuperabili” una materia prima di alta qualità, nell’ottica del risparmio delle risorse naturali e della produzione di energia da fonti alternative e rinnovabili». Dalla sua posizione privilegiata Lino Calcina, pioniere del riciclo e del recupero dei materiali usati, traccia un quadro della situazione economica di una regione che «ha bisogno di una politica organica e organizzativa per aumentare la propria competitività»
Costituita nel 1976 con l’intento di contribuire a salvaguardare l’ambiente, la Calcina Iniziative Ambientali Srl nasce dell’iniziativa imprenditoriale di Lino Calcina.
Il punto di partenza è un’idea supportata da una grande passione che, negli anni, si è trasformata in realtà: intraprendere un’attività finalizzata al riciclo degli scarti e dei materiali usati. Con il senno del poi si intuisce l’incredibile lungimiranza di un imprenditore che oggi è riconosciuto come un anticipatore dei tempi. Dopo trent’anni quell’intuizione è diventata una ditta di rilevanza nazionale che punta sull’innovazione e che auspica, nelle parole del fondatore, di essere in grado in un futuro non troppo lontano di «“eliminare” il problema dei rifiuti e di riuscire a trasformare la totalità di quello che oggi è un rifiuto in nuovo prodotto o fonte di energia».
Proprio con lui abbiamo affrontato i temi più pressanti relativi all’economia del Friuli Venezia Giulia: «Una regione economicamente non marginale anche grazie a Enti, Istituzioni e aziende che perseguono un programma preciso e costituiscono un valore indiscutibile».
Qual è lo stato di salute dell’economia del Friuli Venezia Giulia?
«Non siamo una realtà marginale ed esiste una buona sinergia fra imprese e Istituzioni. Non dobbiamo però trascurare la particolare posizione geografica in cui viviamo. Siamo costretti a confrontarci con le realtà economiche, sociali e fiscali dei Paesi confinanti nei quali si prospettano condizioni e opportunità vantaggio se per l’imprenditoria locale. Questo inevitabilmente penalizza la nostra competitività».
Siete da trent’anni sul mercato. Quali criticità avete incontrato nella vostra storia?
«In un percorso così lungo ci sono stati anche momenti di difficoltà, in cui però abbiamo saputo ottimizzare le risorse a nostra disposizione. Quando le cose non vanno e c’è un momento di crisi preferisco fare un’analisi interna all’azienda, piuttosto che cercare le cause all’esterno. Per questo credo nell’innovazione e nella formazione del personale, basate su un approccio professionalmente qualificato. Penso che i problemi si superino solo mettendosi in discussione, ascoltando continuamente le idee e le opinioni di ogni collaboratore e individuando le soluzioni migliori».
Quanto è importante la ricerca in un settore come il vostro?
«Come in qualsiasi altro settore, la ricerca è un elemento fondamentale e indispensabile per poter progredire a livello imprenditoriale. Solo con l’innovazione si può migliorare e nel settore ambientale il miglioramento è sinonimo non solo di maggior qualità della vita ma anche di risparmio energetico
ed economico. Si tratta di argomenti su cui oggi si discute molto e che non possono essere ignorati da chi opera nel nostro settore. Molta dell’attività aziendale è espressamente finalizzata alla ricerca di sistemi ecologici ed industriali innovativi».
Quanto è forte nella mentalità locale la cultura del rispetto ambientale?
«Se parliamo di cultura del rispetto ambientale nel cittadino, ritengo sia viva e profonda anche se, forse, non supportata da un’adeguata formazione.
Spesso, infatti, l’argomento “ecologia” viene trattato daimezzi di comunicazione solo per “fare notizia” invece di avere un vero ruolo nell’educazione.
Talvolta, data la delicatezza dell’argomento,
si finisce per sconfinare in quella che potremmo
chiamare “salvaguardia eccessiva” che provoca un
immobilismo strutturale da cui è quasi impossibile
uscire».
In Italia manca ancora una radicata coscienza
civica?
«Penso che vi sia un diffuso senso di disinteresse
per il bene comune e per lo Stato. Manca sicuramente
una coscienza civica.Tutto ciò si ripercuote
sull’economia, dove si continua a frenare lo
sviluppo riducendo anche la mobilità, la modernità
e l’iniziativa».
Un quadro non confortante.
«Io sono fiducioso: la spina dorsale del nostro Paese
è costituita da piccole emedie imprese che hanno
imparato a competere sul mercato globale e che
si basano solo ed esclusivamente sul lavoro, il sacrificio
e il merito, senza alcun appoggio esterno».
Inchemododovrebberointervenire le Istituzioni?
«Le rispostepotrebbero esserediverse,perchédiverse
sono le necessità. Sicuramente sarebbe necessaria
una semplificazione edunamaggior chiarezzaprocedurale.
Inoltre, non è sufficiente che siano le sole aziende a modernizzarsi ed evolversi, è necessario
che, amonte, ci sia un’innovazione dell’offerta politica
e che si scommetta di più sullamodernizzazione
e sulla riforma delle Istituzioni. Solo con una stretta
collaborazione tra impresa,parti sociali edentipubblici
si può raggiungere un punto di accordo che determiniquel
climadi fiducia indispensabile allosviluppo
del Paese».
Da questo punto di vista, che cosa sta facendo
la Regione?
«Senza nulla togliere all’attuale politica regionale,
che certamente ha proposto e sviluppato delle politiche
di sostegno alle aziende, ritengo sia mancata
e manchi tuttora una reale visione d’insieme. Da
ciò ne è conseguita una politica non organica e
organizzativa ma, oserei dire, quasi improvvisata.
In alcuni casi, lamancanza della panoramica reale
delle necessità, non solo imprenditoriali, ha determinato
delle scelte che, pur nel loro valore
intrinseco, avrebbero potuto essere secondarie
rispetto a importanti obiettivi di sviluppo regionale.
Inquesto senso ritengomanchi completamente
una politica volta a garantire alle aziende locali degli
strumenti adeguati a concorrere con le realtà
economiche dei Paesi confinanti, con le quali spesso
ci confrontiamo in condizioni di netto svantaggio.
L’attuale condizione economica e fiscale italiana
non agevola le operatività che debbono confrontarsi
conAustria eSlovenia.Soloattraversounappoggio
delle Istituzionipreposte èpossibile creareuna condizione
di “armonica competitività” tra aree
economicamente ancora divise ma geograficamente
e culturalmente unitarie».
In questo contesto economico e politico, quali
sono gli obiettiviper il futurodella sua impresa?
«Se dovessi esprimere in poche parole il mio
sogno, sarebbe quello di essere in grado di
“eliminare” ilproblemadei rifiuti, omegliodi riuscire
a trasformare la totalità di quello che oggi è un
rifiuto in nuovo prodotto o fonte di energia. La
via verso quest’obiettivo è già aperta, ma la strada
è ancora lunga.L’attualepuntofocale sucui si incentra
il nostro lavoro è quello di trarre dai rifiuti
“recuperabili” una materia prima di alta qualità,
riducendo al contempo l’impatto del prodotto di
scarto, nell’ottica del risparmio delle risorse naturali
e della produzione di energia da fonti alternative.
Sin da quando ho iniziato la mia attività, il mio
obiettivo è sempre stato quello di ovviare al
problema di dover “gettare” prodotti e materiali
che possono avere ancora una vita. Se riuscissi a
congiungere il mio sogno di ragazzo con il mio
operato di uomo, potrei dire di aver raggiunto il
punto da cui intendo partire».
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