Il Giornale, Dossier Friuli Venezia Giulia – Ottobre 2007
Si definisce un vero ambientalista. E d’altronde non potrebbe essere altrimenti, essendo nato e cresciuto in mezzo alla natura, a Grisignana, net cuore dell’Istria, lui che fin dall’età di vent’anni coltivava l”ldea contadina di riutilizzare ogni cosa gettata nel bidone delle immondizie.
Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma. È il celebre postulato di Lavoisier, che ha dato origine alla chimica moderna spingendola fuori dalle nebbie dell’al- chimia. Maèancheunprincipioteoricoaffascinante che, oggi più che mai, travalica le aule di labo- ratorio per ricadere con effetti sensibili e diretti sulla vita quotidiana di ciascun cittadino. Stiamo parlando, è evidente, di procedure di recupero. Un’attività che non si ferma alla sola raccolta diffe- renziata, ma punta, per il futuro, alla conversione delle materie di scarto in prodotti di riciclo e, dove possibile, in nuova energia. È esattamente seguendo questo progetto imprenditoriale, che è anche una sfida tecnologica, che nasce e si sviluppa la Calcina Iniziative Ambientali Srl, una delle prime aziende italiane a specializzarsi nel trattamento e recupero di materiali riciclabili. Un problema che oggi, nel nostro Paese, è dramma- ticamente attuale, ma che Lino Calcina, fondatore dell’azienda triestina, ha previsto con grande lungi- miranza, bentrent’anni fa, investendovi entusiasmo e risorse. Fino a far diventare la sua impresa una punta d’avanguardia del settore, e un esempio virtuoso di come, con costanza e competenza, è possibile seguire un’intuizione e portarla a compi- mento. Anticipando i tempi e accompagnandoli, con un impegno concreto, verso una consape- volezza sempre più forte: che la tutela dell’ambiente parte dalle minime azioni di ogni giorno.
In base alla sua esperienza, quali sono le ragioni culturali ed economiche della scarsa diffusione degli impianti di recupero nel nostro Paese?
«Laraccoltadifferenziata,sulterritorionazionale, viene effettuata su zone stabilite esclusivamen- te attraverso criteri amministrativi e non, come sarebbe piùrazionale, per bacini geocompatibi- li. Di conseguenza la scarsa omogeneità territo- riale e soprattutto l’eccessiva disparità nellemo- dalità di raccolta applicate causano agli impian- ti specifici flussi di materiale irregolari e spesso insufficienti. Nonbisognasottovalutare, poi, che per certi aspetti la normativa italiana penalizza gli impianti imponendo procedure autorizzati- ve complesse ed eccessivamente lunghe».
In Friuli Venezia Giulia, tuttavia, la filiera di riciclo è all’avanguardia in Italia. Quali sono le ragioni di questo vantaggio?
«Ilmotivoèmoltosemplice:ilsistemaindustriale ecommercialenelsettentrionesièsviluppatopri- ma e la densità degli insediamenti produttivi ha resonecessarioaffrontareimmediatamenteilpro- blema dei rifiuti con la realizzazione di impian- ti adeguati. Ovvia conseguenza agli obblighi e soprattuttoaglioneridismaltimentoèstataquel- la di spingere il riciclo. Eccoperchéoggial Nord lefilieredirecuperosonocompletamenteavviate ed efficienti».
Convertire i rifiuti in energia: un obiettivo che anni fa era pioneristico. A che punto siamo oggi?
«Una riconversione quasi totale è tecnicamente possibile, ma va perseguita con gradualità. Fino a non molti anni fa la gran parte dei materiali di scarto era smaltitanellediscariche.Oggi,anchegra- zieall’operatodeiconsorziobbligatoricomeil Co- nai imballaggi, il Cobat batterie al piombo, il Co- noe olio vegetale, il Polieco polietilene e il Coou oliminerali, unarilevantequantitàdimaterialivie- ne recuperata. Certamente i risultati attuali pos- sono essere sensibilmente migliorati, soprattutto potenziando le raccolte differenziate, ad esempio standardizzandonesistemiemodalitàalivellona- zionale, e coinvolgendo direttamente ed efficace- mente i cittadini attraverso campagne informati- ve il più possibile chiare ed equilibrate».
Cosa, concretamente, si può ottenere dai rifiuti solidi?
«Teoricamente, è possibile recuperare i materiali che compongono ogni tipo di oggetto, ma nella pratica le cose sono un po’ più complicate. È vero che si è trovato il processo inverso, o perlomeno unastradaperilriutilizzootrasformazionedigran partedeimateriali, mamoltidiquestiprocessihan- no costi elevati, in alcuni casi addirittura proibi- tivi. La dura legge economica ci “obbliga” quindi in molti casi a “eliminare” invece di riutilizzare o trasformare, dove per eliminare intendiamo il de- positoindiscarica. Unapraticache, perquantoog- gi rigidamente controllata, costituisce un innega- bile danno all’ambiente. Sono fermamente con- vinto, però, che il continuo evolversi della tecno- logia e il crearsi di masse critiche di rifiuti possano rappresentare ilmotoreperl’abbattimentodei costiedunqueperunamaggioreaccessibilitàalpro- cesso di recupero della quasi totalità dei rifiuti og- giprodotti. Èproprioquestaconvinzioneunodei motivi che animano lo spirito della nostra azien- da e che, riadattando il celebre aforisma di Lavoi- sier, tradurrei così: i rifiuti sono il concentrato di tutto ciò che in natura è diluito, bisogna solo tro- varneilgiustoreagenteeavremoscioltonuovamente il problema».
Qual è il ciclo di recupero-tipo dei rifiuti solidi?
«Prima di tutto è necessaria l’analisi e la classifica- zione del rifiuto. Seguono tutte le fasi operative, raccolta, trasporto, cernita, valorizzazione, ade- guamento volumetrico, per finire con il conferimento agli impianti di riutilizzo. Certamente la fase più delicata è quella della cernita, in cui biso- gna creare il miglior prodotto possibile per la suc- cessivariqualificazioneamateriaprima. Delresto, nel processo di recupero non sono tanto i mate- riali a creare difficoltà, quanto le modalità di rac- colta. Carta, metalli, plastica, vetro: sono tutti fa- cilmentericiclabilipurchésiprocedaaunaraccolta monomateriale, ovvero per singola tipologia. Al contrario il recupero diventa oneroso e difficolto- so quando si opta per la raccolta multimateriale, poichédiventanecessariosepararligliunidaglial- tri, costringendone quindi la lavorazione».
Qual è la situazione internazionale del mercato in questo settore?
«Certamentecisono Paesi, ancheanoivicini, che hanno affrontato il problema rifiuti in maniera organica e unitaria sin dall’inizio, privilegiando perquantopossibilelapoliticadelrecuperoedo- tandosi quindi di strutture idonee al loro fabbi- sogno. Sonoproprioi Paesitecnologicamentepiù avanzatiquellicheprogettanogliimpiantimigliori e, inquesto, l’Italiacertamentenonrivesteunruo- lo secondario, rispetto al quale la competitività con le realtà limitrofe non può che essere utile e stimolante. È vero che, allo stato attuale, la prio- rità è risolvere le questioni interne legati al setto- re dei rifiuti. Un problema in cui hanno un ruo- lo importante le amministrazioni locali, costrette, nel nostro Paese, a procedure spesso lentissi- me che naturalmente non giovano allo sviluppo dell’iniziativaeconomica. Maapartequesto“far- dello” istituzionale, devo dire che almeno nella mia esperienza gli enti locali si sono sempre di- mostrati particolarmente attenti alle realtà im- prenditoriali del territorio».
Conservazione e riutilizzo sono principi che sembrano tornare attuali.
«Il consumatore di oggi tende ad acquistare beni essenziali e necessari, ma ciò che deve far riflette- re davvero è come la società moderna abbia elet- to la comodità a valore irrinunciabile. La filosofiadell’usaegettaècomoda, maèancheunospre- co di risorse. E soprattutto inquina. Certamente il risparmio energetico porta alla rinuncia di qualche comodità ma altrettanto sicuramente ci portaaunariduzionedell’inquinamento. Nonsi trattadiparagonarelacondizioneattualeconquel- la dei nostri avi, perché ovviamente il loro modo di vivere oggi non sarebbe più attuabile. Ciò che invece bisogna assolutamente recuperare sono i valori di quelle generazioni, oggi completamen- te persi o snaturati».
In questi trent’anni, è cambiato il livello di partecipazione al problema ecologico?
«L’attenzione da parte della gente per il problema ecologico è alta e c’è sempre una maggior disponibilità a partecipare attivamente alla salvaguardia